Il matrimonio di Alberto e Monica a Arese, Milano
Moderni Autunno Oro
A&M
25 Set, 2020Il racconto del nostro matrimonio
Gli ultimi giorni sono stati quelli più intensi. C’era stata una forte pressione su di noi. Palpitazioni, la paura di non riuscire a celebrare il matrimonio eppure eravamo lì, sempre convinti della nostra decisione.Il gran giorno è finalmente arrivato, ci siamo svegliati di primissimo mattino, non mi rendevo ancora conto di quello che sarebbe stato, ero presa a preparare gli ultimi dettagli e farmi bella, così mi sono messa la vestaglia bianca che avevo comprato apposta per questa mattina, delle ciabattine bianche portate via da qualche hotel di lusso e l’intimo che mi aveva regalato Alberto per questo gran giorno. Mi ero ripromessa di fare colazione abbondante perché non volevo arrivare all’altare con lo stomaco che brontolava ma il tempo quel giorno è volato dal primo istante e così, prima che me ne rendessi conto ero bellissima e pronta per la giornata. Quel giorno era arrivato con un carico di emozioni talmente forti da farmi vivere un’intera giornata come dentro ad una bolla, tra consapevolezza e brevi attimi in cui non mi rendevo veramente conto di tutto quello che succedeva, come se fosse tutto troppo intenso da poter essere vissuto in una sola giornata e che invece avrei dovuto viverne un pezzettino alla volta. Ogni volta che ripensavo nei giorni successivi era come se potessi viverne un pezzettino nuovo. Era il 25 settembre, l’inverno sembrava essere arrivato prendendo il posto direttamente all’estate. Dopo tanti matrimoni a cui avevo assistito con la curiosità di vedere come si sarebbero guardati gli sposi, che vestito avrebbe indossato la sposa... dopo tanti anni, questa volta era la mia volta. Era il mio, il nostro, giorno.Lui è uscito di casa prima che io cominciassi a prepararmi ed era andato a casa dei suoi genitori per prepararsi. Li lo attendeva una sorpresa: una tavola imbandita di ogni ben di dio, bottiglie di spumante, pasticcini, salatini, panini e addobbata da fiori bianchi e da palloncini gonfiati ad Elio con la scritta viva gli sposi. Ad attendere me invece non c’era nessuna sorpresa ma qualcosa di altrettanto bello: la soddisfazione di vedere realizzate le cose fatte durante tutto questo periodo e vedere che erano ancora più belle di quello che desideravo.La mattinata è volata in un batter d’occhio e senza rendermene conto ero già truccata e pettinata ed erano arrivati i fotografi per immortalare la mia preparazione. Non avevo ancora indossato il vestito eppure già mi sentivo la sposa. Continuavo a guardarmi allo specchio e mi vedevo come avevo sempre immaginato una sposa. La magia era stata fatta. Una semplice ragazza era stata trasformata in una bellissima sposa. E’ arrivata mia mamma ad aiutarmi a vestirmi. Come è entrata e mi ha visto si è emozionata, aveva già gli occhi lucidi. Se vedermi allo specchio mi faceva sentire una sposa bellissima, vedermi negli occhi di chi mi guardava come lei, mi faceva sentire una vera principessa. Non era lucida, non trovava il rossetto dentro una borsa piccolissima e non riusciva a chiudere la porta di casa, insomma, le emozioni l’avevano messa fuorigioco. Era nel pallone più totale. E io che pensavo che sarei stata io quella in crisi ed invece, non avevo più dubbi, timori o paure. Le preoccupazioni erano svanite nella notte e io ero pronta a godermi ogni istante di quella giornata. Mi hanno fatto tantissime foto e poi sono arrivati i parenti. Qualche brindisi ed ecco che era già arrivata l’ora di andare in chiesa. Alberto era arrivato in anticipo per accogliere gli invitati ma, continuava a guardarsi intorno e non vedeva arrivare nessuno. Era felice e in ansia per la cerimonia. Era lì in piedi ad aspettare la sposa, dimenticandosi anche di respirare, era in ansia per paura di dire qualcosa di sbagliato. Entrambi temevamo di non ricordarci la promessa che avevamo imparato a memoria tant’è che durante la cerimonia continuavamo a ripetercela ognuno nelle proprie menti come si fa prima di un importante esame.Io, come ogni sposa tradizionale, ero andata con mio padre in macchina. Generalmente è la sposa che fa attendere lo sposo ed invece, in questo caso, ci chiamò il fotografo per dirci di attendere ancora qualche minuto perché lo sposo non aveva fatto ancora il suo ingresso in chiesa. Era lì da così tanto tempo prima ma non lo avevano ancora fatto entrare perché il prete non era ancora arrivato e così ecco che ero io ad aspettare la telefonata che ci diceva dipoter arrivare. Ero abbastanza vicina alla chiesa da sentire le campane suonare. Erano le 11:00. Io ero emozionata e in trepidazione. Sono arrivata in chiesa, ho visto immediatamente dritto avanti a me e c’era lui lì, bellissimo ad aspettarmi. Alberto era teso ma non appena mi ha visto, tutti i pensieri e le preoccupazioni sono svanite, il sorriso rilassato di mio padre gli ha trasmesso rassicurazione e così ha ricominciato a respirare. Ero emozionata ma non tesa, sono entrata serenamente, non avevo dubbi o paure di alcun tipo, mi guardavo intorno per godermi ogni particolare. Come sono entrata, Don Roberto è venuto subito a parlarci, si è premurato di controllare che fossimo tranquilli e ci ha rassicurato. Ci ha detto di non far caso al tempo perché l’importante non è il buio di quando entri ma la luce di quando esci. Quelle parole in quel momento mi sono sembrate confortanti ma ahimè il destino ci ha giocato un bello scherzo anche qui perché finita la messa il tempo è peggiorato ancora di più. Come sono entrata in chiesa la mia amica Daniela si è emozionata vedendo che era proprio vero che mi sposavo, non credeva che mi sarei mai sposata e in un modo così tradizionale. Mi conosceva da tanti anni e per lei io sono sempre stata quella che faceva cose particolari, a volte audaci ma sempre fuori dal comune eppure questa volta avevo rispettato tutti i canoni del matrimonio: vestito bianco, velo, chiesa. Dopo così tanto tempo passato a organizzare questa giornata nei minimi dettagli ecco che diluvia, acqua e vento, sconvolgendo la scaletta e l’agenda fatta tanto sapientemente ma è così la vita, ci insegna che si fanno piani e poi questi vengono sconvolti ed è lì che il nostro amore e la nostra complicità deve riuscire a districarsi per far in modo che un piano rovinato diventi comunque memorabile, proprio come è successo per il nostro matrimonio. La messa era scritta per noi, era la prima messa che abbiamo trovato piacevole, era per noi, persino il Don ci era vicino. La cerimonia in chiesa è stata semplice, elegante, tradizionale e commovente. Non c’era molta gente ma erano lì tutti per noi, la messa era stata personalizzata con le letture scelte da noi, con l’omelia scritta dal prete per noi dopo averci conosciuto, c’era un soprano che dava un tocco regale alla cerimonia stessa, sono stati diversi i momenti in cui noi sposi dovevamo fare qualcosa, come pronunciare la promessa, scambiarci gli anelli, bere il sangue di cristo dalla coppa, la comunione e tutte queste cose ce le hanno fatte fare all’altare, davanti a tutti, rendendoci così l’elemento principale della messa. Nessuno vedeva altro se non noi due. Il tempo è volato. È stato suggestivo, tutti gli invitati avevano le mascherine in viso e il tempo era pronto a scagliarsi in una grandinata che si sentiva fin da dentro alla chiesa ma a noi non importava se fuori c’era un tempo da lupi, ci sentivamo al sicuro tra i sorrisi delle persone amate, i nostri sguardi complici che ci scambiavamo, le lacrimucce dei più delicati e le emozioni che ci scaldavano il cuore. La musica riecheggiava in testa facendo vibrare qualche corda segreta che arrivava fino al cuore. Le note sembravano penetrare sotto la pelle facendo venire i brividi. Era avvolgente, profonda e penetrante al tempo stesso. Sentivo qualcuno che mi sistemava il vestito ogni volta che mi sedevo, era Marianna, si stava occupando di me come fa una mamma. Fuori dalla chiesa, un diluvio, una tempesta di vento, una condizione molto suggestiva che ci faceva sapere quanto dentro fossimo al riparo uno nelle braccia dell’altra.All’uscita della chiesa stavo inciampando ma fortunatamente c’era Alberto a sorreggermi e a darmi equilibrio. La paura che avevo di cadere era diventata realtà ma ora sapevo che non dovevo più avere paura perché ci sarebbe sempre stato mio marito a sostenermi.Andando al ristorante abbiamo trovato un albero rotto dal vento, ancora a penzoloni e con i rami che si muovevano ad ogni folata, noi dovevamo passare di lì e come prima cosa che abbiamo fatto da neo marito e moglie è stata affrontare il vento per passare di lì incolumi. Arrivammo al ristorante, per via del vento molto forte, non siamo stati accolti da fotografi ed invitati mentre arrivavamo con l’auto dell’amico di Alberto. Siamo arrivati e siamo corsi al riparo, io prendendo da sotto il mio grosso vestito e correndo come per fare una grande fuga. Siamo entrati dall’entrata di servizio e abbiamo percorso un corridoio, passando dalle cucine, non eravamo pronti a questa eventualità e così ci siamo persi. Abbiamo chiesto a Silver che era li con noi di chiamare il fotografo per riunire gli invitati e farci fare così il meritato ingresso di scena anche se questa volta in sala. Siamo entrati e mentre scendevo le scale, mi guardavo intorno, erano lì tutti ad applaudire per noi. In tanti si sono soffermati a guardare gli album dei nostri viaggi che erano stati messi sparsi nella sala come decorazione. Tanti sono stati i complimenti per le belle foto, per la complicità che si notava nelle foto. Tante sono state le curiosità che hanno destato negli invitati ma anche in chi di noi non sapeva nulla come i fotografi e la caposala della location.Era partita a nastro sempre la stessa canzone fino a che Alberto non l’ha fatto presente al personale. Questi però sono dettagli notati solo dall’occhio esperto di chi ha faticato tanto per ognuno di quei dettagli perché gli invitati erano rapiti dalla bellezza e dell’amore degli sposi per non accorgersi di nulla. A brillare in quel cielo tetro c’eravamo solo noi due, la nostra bellezza e il nostro amore. Fu un matrimonio intimo, bello per la nostra capacità di emozionare tutti. Abbiamo fatto un discorso, abbiamo letto delle lettere l’un l’altro davanti a tutti gli invitati. Noi ci siamo emozionati e pure gli ospiti. Vedere tutti così emozionati ci ha regalato ancora più emozione anche a noi che era già grande per le belle parole che ci eravamo dedicati. Io l’avevo scritta guardando al futuro parlando dei miei impegni e delle intenzioni, lui invece del suo presente, del nuovo lui, di come lo avevo aiutato a crescere. Per i più piccoli c’era un’animatrice a farli giocare mentre per i più grandi avevamo organizzato un photoboot, nel quale ci siamo divertiti a fare foto divertenti e bizzarre. Avevamo messo a disposizione delle salviettine igienizzanti per pulire gli oggetti di scena, del gel per le mani e delle mascherine chirurghiche sul quale avevo disegnato baffi, bocca, barba e qualche naso strano. Me le ero inventate tutte per riuscire a farlo nonostante il Covid ed è stato divertente e ha riempito di risate la sala. Un altro momento importante è stato il ballo. Prendo la mano di mio padre e lo porto in un angolino vuoto per fare il ballo padre-figlia. Avevo detto ad Alberto che circa a metà canzone doveva inserirsi portando via la sposa a suo padre così come avviene nella vita vera, quello che però non spiegano è che nessuno ti dice qual è il momento giusto così Alberto dopo pochissimo bussa alla spalla di mio papà e con area da maschio alfa gli fa segno di smammare. Come a voler dire “questa ora è roba mia!”. Ci fu una gran risata e approvazione da parte del pubblico. Il papà invece era appena stato derubato del suo momento, durato troppo poco. Abbiamo abbozzato un ballo con tanto di Casquet finale. Non siamo due ballerini e neppure andavamo a tempo ma era tutto molto romantico. Tutti ci guardavano come guardavano cenerentola e il suo principe al ballo, con invidia e tenerezza.Abbiamo fatto poi il taglio della torta, il lancio del bouquet e anche quello della giarrettiera. Ognuno di questi momenti è vivo nei miei ricordi. Non ero sicura quale coltello dovessi usare per il taglio della torta. Ce n’erano troppi tra cui scegliere. Afferro quello che mi sembrava più consono, Alberto sostiene la mia mano. Non volevo rovinare la torta per cui ho solo appoggiato il coltello sulla torta e facevo finta di fare il taglio, Alberto invece più spavaldo di me, afferra la mia mano e spinge giù fino a tagliare i primi due strati della torta che era a più piani.Ero emozionata e spaventata per il lancio del bouquet. Avevo paura di lanciarlo troppo vicino o troppo lontano e che nessuna lo avrebbe preso. C’era chi non vedeva l’ora di prenderlo come buono auspicio per una futura proposta e chi invece ha fatto un passo indietro e abbassato le braccia. Lo ha preso la ragazza che più di tutte voleva sposarsi, Alessandra. Se io avevo paura che il mio lancio andasse a vuoto, Alberto era totalmente disinibito e non curante della tradizione che spettava invece a lui. Appoggio il piede su una sedia e alzo leggermente il vestito, Alberto era impacciato e non capiva come togliermi la giarrettiera da sotto quel grosso vestito ma lo aiuto. Si posiziona per lanciarla, fa una pima finta e poi il lancio vero. Va a vuoto. Troppo vicino. Il secondo lancio invece andò a meta... In tutti i sensi. Infatti pochi giorni dopo ricevemmo la notizia che si sposavano. Avevamo pensato ad un sacco di dettagli e poi una volta lì non era come lo avevamo sognato, quei dettagli non erano solo dettagli ma pezzi di tempo, ricordi e amore. Tempo che avevamo investito per costruire insieme il nostro matrimonio. E quando ahimè avevano messo la musica di sottofondo e suonava sempre la stessa canzone per errore, io sentivo solo tutto l’amore, la pazienza e il tempo che Alberto ci aveva messo a scegliere la compilation del matrimonio, un regalo che mi aveva fatto il Natale prima e che mi aveva fatto sciogliere il cuore. C’erano sfumature di noi ovunque, non c’erano semplici decorazioni nella sala ma si percepiva il tempo che abbiamo passato insieme e ritratto negli innumerevoli album dei nostri viaggi, le foto e le cartoline che abbiamo posto in una valigia, anzi no, nella valigia che mi ha regalato Alberto un anno per il mio compleanno, un tableau de mariage fatto insieme con centinaia di chiodi piantati nel legno fino a formare la mappa del mondo, c’era una scritta in legno sulle nostre sedie “Pilota” e “Copilota” per ricordare il tema scelto ma anche la nostra complicità. C’erano davvero tante cose, che a prima vista passavano inosservate ma che ai nostri occhi invece erano una coccola, un abbraccio che ti fa sentire al sicuro, si perché io sapevo quanto Alberto era pronto a fare per me e viceversa io per lui.Quando nasci la luce è una spinta di sangue e dolore... e così per rinascere come un’unica entità ecco che dovevamo essere messi alla prova, soffrire e uscirne più forti e insieme. Questa è la differenza tra una bella festa e chi invece ne viene trasformato dal matrimonio. Questo è quello che è successo a noi. Eravamo aperti all’amore e insieme a tutte le cose belle, ne abbiamo vissute anche di brutte, di quelle che ti fanno rischiare di perdere la felicità ma che al tempo stesso ti fanno vivere una vita piena. Noi non abbiamo avuto un matrimonio da favola nel quale lui chiede la mano di lei in un giorno di pioggia ed improvvisamente il cielo diventa terso, gli uccellini cantano e i due vissero per sempre felici e contenti. Noi due siamo arrivati all’altare pieni di ferite ma senza alcun dubbio che eravamo pronti a tutto per stare insieme.E’ stato un giorno di pioggia ma io sembravo un fiore appena sbocciato e lui un albero forte e ben piantato. Abbiamo dimostrato a noi stessi e agli altri di poter ballare sotto una tempesta, di aver qualcosa da festeggiare anche in mezzo ad una pandemia perché stiamo bene insieme. C’era da festeggiare, l’amore, nient’altro e questo è qualcosa che nessuno poteva toglierci. Di solito le fiabe a cui siamo abituati finiscono con un lieto fine, nel nostro caso invece si tratta di un nuovo inizio, questa volta però con la consapevolezza che il destino non ci stava mandando messaggi per farci cambiare idea sul matrimonio o se era così voleva dire che gli avevamo fatto cambiare idea perché arrivò un messaggio positivo. Noi ce l’avevamo fatta giusto in tempo. Non appena tornati dal viaggio di nozze, il Governo ha deciso di stringere nuovamente la cinghia sociale delle persone. Ai matrimoni non potevano partecipare più di 30 persone, erano proibite feste o riunioni private con più di 6 persone, le scuole superiori e le università potevano fare formazione solo a distanza, non venivano venduti alcolici dopo le 18:00 neppure nei supermercati, i centri commerciali nei week end non potevano più rimanere aperti e poi fu messo un coprifuoco dalle 23:00 alle 5:00. Dopo tutte queste prove, non finisce con un “e vissero felici e contenti” ma ora ci aspettava la sfida più grande di tutte e cioè vivere insieme continuando ad amarci per tutto il resto della nostra vita insieme.
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